top of page
  • davideloperfido97

Gelo e spettri, elogio alla trota lacustre

Il fantasma del lago


Molti pescatori, una volta terminata la bella stagione, bene o male indipendentemente dalla tecnica praticata ripongono l'attrezzatura in cantina in attesa del ritorno dei primi caldi. D'altronde è anche vero che mentre a fine settembre la pesca alla trota in torrente chiude per alcuni mesi per la riproduzione di queste ultime, in lago da metà ottobre la stragrande maggioranza di specie ittiche tendono ad inabissarsi alla ricerca di temperature meno basse: carpe e tinche andranno ad alimentarsi sempre meno con il freddo fino ad entrare in un semi-letargo temporaneo, persici e lucci li troveremo a profondità più elevate e disposti a muoversi meno per un boccone diventando più opportunisti e in attesa di qualche scardola o cavedano intontito dal freddo che passi nei paraggi.


Esiste però, nei grandi bacini sub-alpini e in un buon numero di laghi della nostra regione una specie che fa capolino verso la superfice proprio con il freddo e va a preferire le profondità durante l'estate, andando in contro tendenza rispetto alle altre specie ittiche.

Stiamo parlando della trota lacustre, pesce ben noto ad ogni appassionato di spinning invernale trentino, la cui apertura della pesca coincide con capodanno, il primo di gennaio.

E' infatti quasi una ritualità, per il sottoscritto e altri, appena scoccata la mezzanotte defilarsi da veglioni e feste varie pronti per coricarsi e riposare almeno le dovute ore prima della caccia, con affianco al letto già appoggiata all'armadio accanto a waders, giaccone pesante e borsa delle esche la fedele canna da spinning, pronta alla ricerca del fantasma del lago, la freccia argentata da record dei sogni di tanti.



Biologicamente parlando, in realtà alcuni sostengono si tratti di una specie/non specie dato che è ancora aperto fra alcuni appassionati di ecologia e natura il dibattito su quanto esista propriamente il fenotipo lacustre e quanto invece conti la lacustrizzazione della livrea di fario, iridee e marmorate; dopo un certo lasso di tempo sembra che salmonidi provenienti da torrenti, rii o allevamenti una volta trovati e acclimatati in grandi laghi vadano a modificare le proprie abitudini, attuando comportamente propriamente pelagici. Andremo ad osservare condotte propriamente da trota di mare, con guizzanti cacciate e bollate in superfice e rapidi spostamenti anche piuttosto estesi seguendo vento e correnti; oltre a ciò, parte biologicamente molto interessante, la livrea della trota andrà con il tempo a modificarsi, adattandosi all'ambiente: i punti rossi andranno a scomparire lasciando spazio a grossolani punti neri, la forma si farà più allungata e longilinea (adattissima alle rapide cacciate su banchi di alborelle a mezz'acqua) e il tipico color giallo/marrone della fario lascerà spazio a un candido argento con talvolta meravigliose sfumature blu e verde smeraldo.

Di recente una classificazione sembra, dal punto di vista scientifico, aver messo d'accordo tutti e regolamentato la zoologia di questa specie: è stata ufficializzata la sottospecie salmo trutta "lacustris", con endemismi vari a seconda di zone e regioni.


Un pesce e una tecnica che sa dunque di salmastro, di ancestrale e di mistero.

Racconti e speranze che si vanno a perdere e nascono davanti ad un fuoco nelle ultime sere di dicembre, mani ghiacciate e anelli della canna pure uscendo di casa la mattina presto il primo di Gennaio e l'emozione dei primi lanci con la nebbiolina che sembra baciare la foce del torrente che si immette nel lago.


Ricordo un'apertura di qualche anno fa, un piccolo anedotto che vorrei condividere con voi.

Festeggiai il capodanno a casa dei miei genitori con qualche amico e l'ex fidanzata di allora, per l'occasione i miei mi fecero la grazia di passare il capodanno altrove, ma io avevo in testa solo la lacustre e poco dopo la mezzanotte andai a dormire, tra i mugugni dei presenti ("valà, per na volta che fen festa", "te vai n'altro dì a pescar dai Lope..").


Inutile dirlo, alle 6 e mezza in punto la sveglia suona, mi alzo il più piano possibile per non svegliare la morosa e di lì a poco ho già indosso il giaccone mimetico e in mano la canna da spinning, con il mitico ondulante moresilda argento e blu da diciotto grammi legato al moschettone.


Ricorderò sempre quella mattina per l'atmosfera magica appena uscito di casa, la neve che scendeva imbiancando le strade deserte e la passeggiata fino al grande lago poco distante da casa mia, al quale ormai sono affezionato come poche altre cose.

Raggiugo quello che sapevo essere il punto buono, la foce di un piccolo rio nel quale le lacustri l'inverno risalgono per riprodursi e deporre le uova.

Il tempo sembra essersi fermato: il rumore dell'acqua del torrente che si immette in quella del lago è il solo a disturbare la quiete del momento, con la neve leggera che scendeva e l'alba che svegliava il cielo invernale rendendo il tutto ancora più indimenticabile.

Dito a tenere il filo sopra l'archetto del mulinello, un'ultima occhiata all'artificiale prima che questo prenda il volo e il sibilo del monofilo va ad aggiungersi alla melodia del torrente; l'esca tocca l'acqua e questo è il mio primo lancio dell'anno, senza esitare inizio il recupero alternando jerkatine e recuperi più allegri in superfice.

Al terzo lancio, dopo appena due o tre giri di mulinello, il cuore ha un sussulto immediatamente dopo la piega decisa che prende la canna.


Ce l'ho!

La vedo subito, rompe la superfice con un paio di salti spettacolari che mi fanno tremare le gambe, vista la morbidezza del nylon dello 0.20, e una volta arrivata a riva mi fa dannare con tre o quattro fughe degne di un salmone, seppur poco dopo sembra stancarsi, le testate si fanno meno intense e trannendo il fiato riesco a tirarla a me.


Quasi non ci credo, ho nel guadino una lacustre completamente argento sui quarantacinque centimetri, un pesce non lunghissimo ma grosso e sano, che ha superato la riproduzione alla grande e per onde evitarle ulteriori stress le dono subito la libertà.


Ricordo perfettamente la sensazione di stordimento subito dopo averla rilasciata.

Una botta di dopamina non indifferente, il senso dato ad un freddo e ad un inverno che sembrava non passare mai e anche un leggero e innocente senso di colpa come a voler dire: tutto qua? cosa ho fatto per meritarmi dopo pochi lanci un incontro così eccezionale?


Questa è la lacustre, sacrifici e migliaia di lanci su una superfice che oltre al freddo sembra non contenere nulla, bollate e salti distanti da riva che sembrano miraggi nel deserto; ma, quando poi decide di concedersi come una rara dama antica parte l'incredulità e la gratitudine verso il lago e i suoi abitanti, la consapevolezza di non dover mai mollare e perseguire nello scopo, lei è lì da qualche parte, come un fantasma nella nebbia.






62 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page