Le alghe fluttuano come immobili pochi centimetri sotto la superfice. Lo svasso si guarda attorno percependo l'acqua sotto di sè pronto a sferrare il prossimo attacco mentre le folaghe pigolano sommesse.
Sulle sponde il passo sul ghiaino della spiaggia di una figura che procede lenta con un grosso guadino appresso sembra segnare il tempo del lago, il tempo del cacciatore di lucci che come in un mantra canta la sua melodia con lo scarpone.
Quella al luccio non è una pesca facile ma, anzi, è probabilmente una di quelle che richiede più impegno sia fisico che mentale ed una costanza da monaci zen.
Sveglia all'alba con un'oliata veloce al mulinello da casting e uno sguardo al cielo, sapendo benissimo che il rischio di cappottare (per i non pescatori, il cappotto è in sintesi tornare a casa con le pive nel sacco) è molto ma molto alto.
La cassetta degli artificiali è lì che lo aspetta pronta per essere messa in borsa, con swimbait colorate e grosse gomme da trascinare lente sul fondo. Il pescatore di lucci mentre lega il cavetto di acciaio (o fluorocarbon) sa che il suo nemico è un coccodrillo con più di settecento denti affilati rivolti all'indietro e come un cacciatore tribale deve trovare la sua tana, parlare la sua lingua e sedurlo a colpi di jerk o cucchiaini ondulanti sotto la superfice.
Camminare per chilometri lungo un canale su un'autostrada in novembre logora, ve lo posso assicurare, sopratutto se la mente come spesso succede è altrove e magari non in qualche bel posto. Lanciare esche da venti centimentri in stagni da poche decine di metri per metà ghiacciati è come per il classico nerd brufoloso provare a rimorchiare la più carina delle cheerleeders al ballo della scuola. Magari ce la potrà fare, come in qualche film americano dozzinale, ma la vita non è un film e spesso i lucci dal fondo con l'acqua a 5-6 gradi non vogliono saperne proprio di venirci al ballo della scuola.
"..i lucci son più leggeri di quel che pensi, a renderli cosi pesanti quando li si regge in braccio è l'emozione di tenere fra le mani un sogno che si realizza, dopo tante sconfitte, bestemmie, sudore, fatica e unghe ore a pescare il vuoto cosmico di un'acqua che sembra morta...
poi, in men che non si dica, dal nulla sbuca un drago e la magia si accende."
(Oliffo - apostoli dello spinning)
Lui è sempre lì, fermo sulle sponde del lago in quell'ansa di canneto, dove il metro-luccio deve esserci per forza.
Chissene importa se i lanci da fare sono cento, mille o diecimila. Le mani il pescatore di lucci se le scalda con le sigarette di tabacco da rollare e i polmoni anche.
Si accarezza la barba ispida mentre sconcertato guarda lo specchio d'acqua vuota, dopo l'attacco a galla in una bolla esplosiva di un pesce che dopo poco ha deciso di salutarlo staccandosi dall'amo.
Non può nascondere la lacrima di commozione quando dalla barca in pieno gennaio, dopo mille e una giornata a vuoto, porta a retino un mostro che più che un pesce sembra un alligatore sbucato fuori dal nulla.
Un po' li invidio quelli che non portano altra gente a pesca, tipi burberi che nella scatola degli artificiali non ti ci fanno neanche buttare l'occhio e che si alzano alle quattro del mattino per cercare da soli i coccodrilli della palude, per parlare loro sussurrando, come si fa con l'acqua..
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